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sabato 17 ottobre 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina 12: "La Voce dietro le Pagine: il Narratore






“If you only read the books that everyone else is reading, you can only think what everyone else is thinking”
- Haruki Murakami

                 

La Voce dietro le Pagine: 
il Narratore


Oggi parliamo di una figura molto importante in ogni opera di narrativa, una figura che in ogni libro che si rispetti deve restare invisibile -qualora non coincida con nessuno dei personaggi del libro- e non deve ingarbugliarsi troppo con la “voce” dello scrittore, mi riferisco al narratore.

Innanzitutto vediamo un po’ chi è il narratore e che cosa fa…

Una delle qualità che rende un testo narrativo unico rispetto alla lirica e al dramma è proprio la presenza del narratore.

Egli non va confuso con chi scrive, sebbene molte volte gli scrittori vengano chiamati “narratori” non è di loro che stiamo parlando al momento, ma di una parte della finzione letteraria, la voce narrante alla quale è affidato il compito di raccontare la vicenda a chi legge.

Il narratore, dunque, va sempre considerato come una figura fittizia costruita dallo scrittore.


Esiste solo un caso nel quale autore e narratore si identificano e cioè quello delle opere autobiografiche, a questo esempio si prenda in considerazione il libro “On Writing”* di Stephen King; un’ opera  nella quale, a parte parlare del mestiere in sé, l’autore descrive in prima persona tutte quelle esperienze che lo hanno portato a diventare uno scrittore.


Vediamo un piccolo stralcio nel quale King descrive la sua preziosa esperienza di collaborazione con un settimanale durante il liceo:

“Il giorno in cui andai da lui a consegnare i miei primi due articoli, Gould mi disse qualcos'altro di molto interessante: scrivi con la porta chiusa, riscrivi con la porta aperta. In altre parole, ciò che scrivi comincia come una cosa tutta tua, ma poi deve uscire. Dopo che hai ben capito che storia è e la scrivi nella maniera giusta, o comunque al meglio di cui sei capace, appartiene a chiunque abbia voglia di leggerla. O criticarla. E se sei molto fortunato (questa è un’idea mia, non di John Gould, ma credo che l’avrebbe sottoscritta), saranno in maggior numero quelli che desidereranno leggere di quelli che vorranno criticare.” (On Writing -autobiografia di un mestiere, S. King, 2001, Sperling & Kupfer)


Il brano sopra riportato -a parte dare un ottimo consiglio a qualunque scrittore- mette chiaramente in evidenza come in questo caso narratore e scrittore coincidano, ma, come abbiamo detto, non è sempre così.

Parliamo un po’ di quando accade il contrario…


Possiamo distinguere due modelli narrativi primari con altrettanti livelli-narratore:

-Narratore di primo grado: racconta la vicenda (Iliade di Omero)

-Narratore di secondo grado: personaggio che riceve il compito di narrare i fatti dal narratore di primo grado che lo introduce (Shahrazàd, ne Le Mille e una notte)

A sua volta in relazione al rapporto che il narratore ha con la storia esso può essere:

- assente dalla storia, perché del tutto esterno e quindi invisibile (Omero)

- assente dal narrato, ma presente nella cornice, perché personaggio che racconta una storia che non ha vissuto (Shahrazàd)

-presente nella storia (narratore interno) come personaggio del tutto coincidente con il narratore (Robinson Crusoe di Daniel Defoe)

-presente all'interno della storia ma narratore di secondo grado, perché introdotto da un narratore esterno (Ulisse nell'Odissea)


Quando parliamo di “narratore”, dobbiamo anche parlare di punto di vista o focalizzazione…

Generalmente si distinguono tre diversi tipi di focalizzazione:


Focalizzazione zero: la abbiamo quando i fatti sono raccontati da un narratore onnisciente, cioè da una voce che è a conoscenza di tutti gli aspetti della vicenda narrata -passati presenti e futuri-, nonché degli stati d’animo e dei pensieri di tutti i personaggi. Questa "voce" fa, laddove possibile, delle osservazioni sul narrato e sui personaggi. Questo narratore sa più dei personaggi della vicenda e sembra guardare lo svolgere degli eventi dall'alto; questo tipo di focalizzazione è il più usato in assoluto e lo ritroviamo in moltissime opere moderne (es: Mansfield Park di J. Austen) 

-Questo tipo di focalizzazione è generalmente espresso in una narrazione che segue la terza persona.



Focalizzazione interna: si verifica quando il narratore assume il punto di vista di un personaggio specifico. Quando ciò avviene, il narratore perde la propria onniscienza relativa alla vicenda e a ciò che è racchiuso negli altri personaggi, è conosce solo il POV* del personaggio con il quale esso va a coincidere. Questo narratore, dunque, sa quanto sanno i personaggi.
La focalizzazione interna può essere:

-fissa: quando il POV adottato appartiene solo è sempre ad uno stesso personaggio (molto spesso il protagonista della vicenda)

-multipla: quando il narratore cambia prospettiva nel corso della vicenda, passando da un personaggio all'altro e quindi adottandone i vari POV

La focalizzazione interna può seguire sia una narrazione in prima persona (cosa che avviene nella maggior parte dei casi) che una in terza, nella quale il narratore non parla in prima persona, ma delinea la vicenda seguendo strettamente l’ottica di uno o più personaggi (senza onniscienza).

Le forme di espressione che danno voce a questo tipo di focalizzazione sono:

- discorso indiretto libero

- flusso di coscienza

- monologo interiore*



Focalizzazione esterna: la troviamo in racconti assolutamente oggettivi nel quale il narratore può “vedere” solo azioni compiute dai vari personaggi, solo il mondo esterno della storia fatto, appunto, di agito e dialogo e mai l’interno(pensieri, sentimenti, stati d’animo…) Questo narratore è un testimone delle vicende e sa meno di quanto sappiano i personaggi.

-Ritroviamo questo tipo di focalizzazione e quindi questo tipo di narratore/testimone in molti romanzi gialli “classici” nel quale l’autore intende mantenere vivo il mistero che sta dietro la vicenda il più a lungo possibile e per farlo, priva il lettore della possibilità di vedere all'interno della coscienza dei personaggi.

-La narrazione che segue questo tipo di focalizzazione presenta un narratore totalmente obiettivo che non tradisce mai le proprie opinioni e il proprio giudizio e  non fa alcun tipo di osservazione. 
Esso si limita a descrivere ciò che vede dall'esterno senza fornire alcuna informazione. Il suo, è un punto di vista indifferente ed estraneo ai fatti.



Quando scrive una storia, l’autore può scegliere di far seguire al proprio narratore un solo tipo di focalizzazione o può modificarla a seconda delle necessità del racconto; non esiste un solo schema di utilizzo delle varie forme di focalizzazione e punto di vista.


Il problema della confusione fra scrittore e narratore, come si può ben capire da quanto scritto sopra, appartiene più a un pubblico di non-intenditori che a dei lettori che sanno il fatto loro, ma giusto per chiarire andiamo a ribattere quanto segue:

a meno che non direttamente specificato dallo scrittore (ad esempio con la tecnica della surrogazione, con la quale egli appunta un personaggio a portatore diretto delle proprie idee e/o della propria persona)  o altrimenti dichiarato dal genere stesso dell’opera (autobiografia), possiamo affermare con sicurezza che i due non coincidono e la filosofia espressa con il pensiero di un dato narratore interno - o se è per questo, dai personaggi della storia in generale- non necessariamente è in accordo con quella dell’autore del libro e può anzi essere talvolta diametralmente opposta ad essa. 

Si pensi al caso di autori come Thomas Harris e Jeff Lindsay che hanno scritto romanzi che seguono serial killer (The Silence of The Lambs/ Darkly Dreaming Dexter), solo ad un lettore veramente molto molto molto… ingenuo -scrivo questo, ma sto pensando aggettivi molto meno graziosi- verrebbe in mente di pensare che possa esistere una giustapposizione fra l’identità dell’autore e quella del narratore/personaggio o fra le loro idee; mentre -si spera- il resto del mondo è ben consapevole del fatto che Harris non sia un cannibale e Lindsay non conservi vetrini con impresse gocce di sangue umano prelevate dalle sue vittime in casa propria...














*Giusto per fare l’occhiolino alla mia solita ossessione per il Re, ma non fatevi influenzare troppo da essa, vi assicuro che “On Writing” è davvero un libro che ogni scrittore-wannabe dovrebbe leggere, indipendentemente dal genere letterario nel quale ricadono le sue opere.
* di questi parleremo nelle prossime uscite della rubrica.






Per approfondire:


https://it.wikipedia.org/wiki/Narratore

https://it.wikipedia.org/wiki/On_Writing:_Autobiografia_di_un_mestiere

https://it.wikipedia.org/wiki/Iliade

https://it.wikipedia.org/wiki/Le_mille_e_una_notte

https://it.wikipedia.org/wiki/Robinson_Crusoe

https://it.wikipedia.org/wiki/Odissea

https://it.wikipedia.org/wiki/Mansfield_Park

https://it.wikipedia.org/wiki/Il_silenzio_degli_innocenti_(romanzo)

https://it.wikipedia.org/wiki/La_mano_sinistra_di_Dio_(Lindsay)

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