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sabato 26 settembre 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 9 " I portatori dell'azione Parte Prima, il Protagonista"



  
“Do not read, as children do, to amuse yourself, or like the ambitious, for the purpose of instruction. No, read in order to live.” 
 Gustave Flaubert





I portatori dell'azione Parte Prima,
 il Protagonista



L’uscita di oggi è direttamente collegata alla precedente in quanto rimane ferma al livello dei personaggi, approfondendo uno dei due ruoli principali all'interno di qualsiasi intreccio narrativo.

Nominalmente due personaggi portano avanti l’azione all'interno di ogni storia e cioè il protagonista -del quale parleremo oggi- e l’antagonista -del quale parleremo la prossima volta-, dico nominalmente due perché, ovviamente, ci può essere un co-protagonista, o anche più di uno, e anche gli antagonisti possono essere più d’uno.

I vaneggiamenti di oggi si concentrano, come fa capire il titolo, sul personaggio “buono” per eccellenza, l’eroe -che però può anche essere  l’anti-eroe* della storia-, il protagonista, appunto.

Apriamo una piccolissima parentesi tecnica e prendiamoci un attimo per rispondere ad una domanda.

Che rapporto c’è fra il protagonista e il narratore?

La risposta dipende dalla storia che stiamo leggendo - o scrivendo- e non è una sola.

In linea di massima verrebbe da dire che sì, c’è sempre una relazione tra I due, ma quest’ultima non è mai la medesima, bensì è soggetta a profonde differenze che dipendono essenzialmente dalle tecniche narrative adottate.

Ricordiamo le principali possibilità:

  1. Il/i narratore/i e il/i protagonista/i coincidono perché la narrazione è in prima persona.
  2. Il narratore è onnisciente: sa tutto e vede tutto di tutti i personaggi e non si identifica con nessuno in particolare; rimane esterno.
  3. Il narratore è onnisciente, ma interno: si identifica con tutti i personaggi allo stesso modo.
  4. Il narratore è interno, ma si identifica solo con il/i protagonista/i
  5. Il narratore è onnisciente esterno, ma “segue” solo il protagonista.



È  facile comprendere, da queste cinque opzioni come la risposta alla domanda precedente possa essere complessa; rimane da dire che sì, esiste una stretta relazione fra voce narrante e protagonista e che sì, a volte, i due aspetti della narrazione si sovrappongono.*


Ma andiamo al punto principale della rubrica di oggi: la figura del protagonista.

Eccone la definizione più semplicistica, presa proprio dal
dizionario: il personaggio principale di un'opera narrativa.

Ed eccone una più “tecnica”, se vogliamo, presa da un testo di studio*: il personaggio che si trova al centro dell’azione e la mette in moto o ne è vittima.

Un’altra accezione attribuibile al protagonista è quella di “eroe” -ci teniamo sul maschile solo per semplificare le cose-, ma c’è differenza fra la figura dell’eroe e quella del protagonista?

Chi è l’eroe?

E chi è il protagonista?


Nella letteratura moderna i due significati si sovrappongono, ma non è sempre stato così; facciamo una piccola “capatina” nel mondo dei classici per farci un’idea di cosa sia l’eroe e del perché questo termine venga usato come sinonimo di protagonista.

Nella definizione più classica un eroe è un essere mortale dotato di virtù eccezionali consacrato dopo la morte al rango di divinità e spesso gli eroi sono figli di una divinità e di un mortale.

Nella mitologia e nella letteratura greca, la figura dell’ eroe è di fondamentale importanza: basti pensare ai guerrieri omerici come Achille e Ulisse per farci un’idea dell’impatto che la loro creazione e il loro “sviluppo” ha avuto sulla cultura ellenica in particolare e sulla letteratura di tutto il mondo in generale.

Molti eroi dell'epica hanno un ruolo ben preciso: sono i responsabili della conservazione dell'ordine divino contro  gli sconvolgimenti causati dall'azione dell'uomo, molti altri miti eroici raccontano, invece le gesta sovversive di individui che hanno avuto il merito di scoprire o di inventare qualcosa di utile allo sviluppo tecnico e conoscitivo dell'umanità: si tratta dei cosiddetti miti degli eroi della civiltà, dei quali un esempio nella mitologia greca è Prometeo che sottrasse il fuoco agli dei.

Tuttavia l’eroe non  una figura importante solo nella cultura occidentale di matrice classica, ma anche in altre civiltà e a tutt'oggi rappresenta il punto di unione fra umano e divino.
Giusto per fare un esempio di come questi miti fossero tradotti in altre culture -anche antecedenti- pensiamo all'epopea assiro-babilonese dell’eroe Gilgamesh che si incarica di cercare il segreto per sconfiggere la morte.


Nella narrativa moderna la figura dell'eroe perde le connotazioni divine e veste i panni dell'uomo mortale dotato al massimo grado delle virtù umane; è qui che il concetto di “eroe” e quello di “protagonista moderno” si incontrano e si fondono insieme, ed è a questo punto che l’eroe viene investito da un’ulteriore trasformazione e smette le ultime vestigia della sua aura di perfezione per diventare una persona con pregi, sì, ma anche con una serie ben precisa di difetti; una persona “vera”, in altre parole.



Ma che cos'è rimasto della figura dell’eroe in quella del protagonista?

Che cos’hanno in comune Ulisse* e… Fitzwilliam Darcy* o Thad Beaumont* -eh, sì, sopportatemi, ho proprio un’ossessione per Jane Austen e Stephen King!-?

La risposta, se ci pensate è piuttosto semplice.

Indipendentemente dal background, dal setting, dalla natura delle vicende che vivono e dal genere narrativo del quale le loro storie fanno parte, tutti è tre questi esempi di protagonista  passano attraverso un’odissea a loro modo, un’odissea che li fa partire da un punto e li fa arrivare in un altro nel quale non si sarebbero mai immaginati di giungere; un’odissea che li trasforma dall'interno verso l’esterno e dall'esterno verso l’interno, un “viaggio” che li cambia per sempre e li rende eroi.

Un eroe antico ed uno moderno hanno questo in comune: entrambi compiono un viaggio durante la storia, un viaggio che li mette a dura prova, che testa I confini della loro sopportazione e I limiti delle loro capacità, un viaggio che li  rende per sempre diversi da ciò che erano o forse, che gli permette di comprendersi per davvero per la prima volta nella loro vita.

Giusto per nutrire la mia ossessione austeniana prendiamo ad esempio di quanto scritto sopra queste parole di Elizabeth Bennet*: “Till this moment I never knew myself” (fino a questo momento non avevo mai conosciuto me stessa)


Come dicono Oltre Oceano, I rest my case :P


Ma torniamo ai nostri vaneggiamenti…

Quella del protagonista -eroico e non- è, dunque, una figura estremamente importante in una qualunque narrazione non solo per l’ovvia ragione che la storia che stiamo raccontando/leggendo  è la sua, ma anche perché dalla sua caratterizzazione dipende la riuscita di tutta la narrazione: un romanzo con una trama avvincente e un protagonista piatto e finto non toccherà mai l’animo del lettore, ma rimarrà soltanto questo, una storia.

Al contrario, un protagonista ben delineato, un protagonista ben riuscito, permetterà allo scrittore di raggiungere qualunque obiettivo egli si sia prefisso con i suoi lettori.

Un buon protagonista -accompagnato da ottime caratterizzazioni anche per gli altri personaggi- può rendere una storia “tiepida” interessante per chi legge e questo, perché una buona caratterizzazione rende i personaggi credibili e dà al lettore la possibilità di affezionarsi ad essi e di identificarsi con essi e se questo è vero per tutti i personaggi di un libro, è ancora più vero per il protagonista. 



Per oggi è tutto, non perdetevi i prossimi due appuntamenti della rubrica nei quali parleremo ancora del ruolo del protagonista, questa volta come anti-eroe, e del suo acerrimo nemico: l’antagonista.


*Approfondiremo il protagonista anti-eroe la prossima volta.

*Torneremo sull’argomento in maniera più approfondita in una delle prossime uscite quando, appunto, parleremo specificamente del narratore.

* Nuovo Quattro Colori: Volume Giallo,A. Mariotti/ M.C. Sclafani/ A. Stancanelli, Casa Editrice G. D’Anna, 2000.

*Intendo tanto l’Ulisse classico di Omero, quanto quello moderno di Joice.

*Fitzwilliam Darcy è l’eroe maschile di “Orgoglio e Pregiudizio

*Thad Beaumont è il protgonista de “La metà oscura”.

*Elizabeth Bennet è l’eroina di “Orgoglio e Pregiudizio”.





Per approfondire, ecco alcuni link:













sabato 19 settembre 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 8 "Il soffio vitale della Narrativa"


“I find television very educating. Every time somebody turns on the set, I go into the other room and read a book.” 
― Groucho Marx



Il soffio vitale della Narrativa



Come suggerisce il titolo, oggi parleremo di ciò che fa vivere e respirare una storia, ciò che la muove in avanti e ne condizione lo svolgimento, vale a dire I personaggi.

I personaggi sono elementi essenziali della narrazione, indipendentemente dal ruolo che rivestono all'interno di essa -protagonista, eroe, figura di contorno o di secondo piano- essi interagiscono strettamente con il contesto narrativo, e la sua definizione sostanziale e caratteriale può essere ricavata attraverso il contributo del narratore, che ne offre un ritratto, oppure dalle azioni o dalle voci delle figure, compreso il personaggio stesso, che agiscono nella narrazione.

La caratterizzazione basilare del personaggio può essere suggerita già dal nome -in alcuni casi, gli autori fanno uso dei cosiddetti “nomi parlanti”- oppure attraverso alcuni tratti peculiari del suo aspetto fisico o del suo abbigliamento, o ancora da alcuni aspetti del suo comportamento. 

I personaggi classici, intesi come tipi, hanno un’origine che si può fare risalire alla Commedia antica, sia greca che latina; in particolare quest’ultima racchiude in sé quei tipi, quegli archetipi -di derivazione anche greca- di personaggio che sono giunti fino a noi attraverso le opere di autori come Plauto e Terenzio, nelle loro commedie sono indispensabili “lo sciocco”, “l’avaro”, “figlia ritrovata” e il famoso “servo astuto”.

 Una versione ancora più schematica e mono-caratteristica di questi tipi è presente nella Commedia dell’Arte cinquecentesca con le sue maschere, goldoniane e non -Pulcinella, Arlecchino, Colombina, Pierrot… solo per citarne alcune-, ma l’evoluzione della narrativa a portato all'abbandono delle figure semplici e schematizzate per arrivare a caratterizzazioni più complesse. 

Nella letteratura “moderna” -e uso l’aggettivo in termini molto ampi, intendendo le opere degli ultimi tre secoli, seppur con le dovute eccezioni- la narrazione assume un carattere  più elaborato e i personaggi che portano avanti l’azione diventano persone e la loro definizione perde la staticità tipica degli archetipi per assumere una consistenza cangiante e dinamica che si evolve all'interno della narrazione. 

In un buon libro, un libro che valga la pena di leggere, i personaggi -colonne portanti della storia- non sono solo figurine di carta senza profondità, ma sono creature quasi tangibili nel loro realismo, sono persone vicine a noi, persone che possiamo riconoscere e con le quali possiamo identificarci.

In condizioni ottimali, i personaggi sono delineati con accuratezza e studiati con precisione in stretta relazione con tutti gli elementi che contribuiscono a caratterizzarli, a dare loro una personalità ben precisa e un certo spessore psicologo tali da farli vivere e a farli “sembrare vivi” sulla pagina.

Ma che cosa si intenda per caratterizzazione di un personaggio?

Un personaggio è caratterizzato a dovere quando l’autore fornisce al lettore gli elementi necessari per comprenderne la natura e la funzione all'interno della storia.

Quando uno scrittore delinea un dato personaggio lo fa attraverso una serie di aspetti che non solo ci danno la possibilità di capirlo, ma lo contestualizzano; eccone alcuni:

  • Aspetto esteriore
  • Tratti psicologici e personologici
  • Concezione del mondo
  • Posizione/estrazione sociale
  • Background
  • Livello culturale
  • Condizione affettiva (ha/non ha una famiglia/amici/partner)
  • Collocazione ambientale
  • Sogni/Desideri/Paure



Nel corso della narrazione, a seconda dello scopo che si prefigge e dell’effetto che vuole ottenere, l’autore decide di fornire o di omettere certi particolari, certi indizi, relativi alla caratterizzazione del personaggio, in base a come avrà gestito quest’operazione, il lettore si troverà nella posizione di avere un quadro più o meno preciso del personaggio, lo amerà o lo odierà, lo troverà simpatico o antipatico, etc…

L’autore può fornire gli indizi su un personaggio attraverso vari strumenti, ne cito alcuni:

  • Descrizione diretta
  • Infiltrazione nei pensieri del personaggio in questione e/o degli altri personaggi
  • Dialogo
  • Azione
  • Attributi (quei tratti specifici di un dato personaggio che ne rispecchiano una particolare caratteristica sociale, psicologica o ideologica)



Uno dei primi aspetti della caratterizzazione che l’autore presenta è quello della descrizione fisica del personaggio; in un libro scritto bene, tale descrizione non è fine a se stessa e non ha un valore puramente estetico e decorativo, ma al contrario è di solito usata per fornire indizi importanti sul carattere, sulla personalità del personaggio.

Tanto nella realtà, quanto nei libri, il mondo interiore delle persone -e i personaggi ben riusciti, come abbiamo detto, devono essere persone- ha un impatto specifico sul mondo esteriore.

All'interno di un libro  il lettore non sempre ha la possibilità di “vedere direttamente” l’interiorità di un personaggio e molto spesso si fa una certa idea della sua caratterizzazione in base a ciò che è presente all'esterno, un po’ come avviene nella vita vera quando -giusto o sbagliato che sia- appena conosciuta una persona ne prendiamo fortemente in considerazione l’aspetto esteriore per farci un’idea del suo mondo interiore.

Tanto nei libri, quanto nella realtà, a volte basandoci sull'esteriorità ci azzecchiamo, ma molto spesso finiamo con il commettere errori.
All'interno di una narrazione, lo scrittore può creare un parallelo fra mondo esteriore e mondo interiore del personaggio e può farlo emerge nelle descrizioni del suo aspetto fisico e del suo comportamento, nel fare ciò a volte mostra la verità, e altre volte “mente” di proposito al lettore.

Nella narrazione la descrizione esteriore può essere accompagnata da un ritratto psicologico, il lettore si può, infatti trovare davanti indizi su indizi relativi alla personalità e all'interiorità del personaggio, questi a volte possono integrare il profilo iniziale di tale personaggio, mentre altre possono sconvolgerlo del tutto o in parte.

Essendo i personaggi inseriti in un preciso contesto, appare ovvio come esso possa influenzarne il carattere e dunque fornire approfondimenti specifici sulla sua delineazione personologica; l’ambiente sociale presente o passato di un personaggio, infatti, ha necessariamente un ruolo all'interno della sua caratterizzazione in quanto ne può determinarne I processi reattivi e “colorarne” le azioni. 
Il rapporto che il personaggio ha con l’ambiente può essere:
  • positivo (il personaggio è integrato nell'ambiente)
  • negativo (il personaggio si sente rifiutato dall'ambiente ed è a disagio).


Come detto sopra, nel corso della narrazione, un personaggio può subire delle mutazioni sia a livello della condizione sociale sia a livello caratteriale; quando questo avviene ci troviamo di fronte a personaggi dinamici, in caso contrario si parlerà, invece, di personaggi statici.

Facciamo un paio di esempi…

- All'interno de I Promessi Sposi sono dinamici i personaggi di Renzo e Lucia perché cambiano, crescono, si migliorano dal punto di vista caratteriale e sociale, mentre è statico il personaggio di Don Abbondio che non impara nulla e rimane per sempre un “vaso di coccio”.

-In Orgoglio e Pregiudizio -proprio non posso fare a meno di citare la mia amatissima Jane, sorry :P-  Mr Darcy ed Elizabeth, mentre sono statici il personaggio di Mrs. Bennet e quello di Collins.


Quando parliamo di personaggi, non c’è solo la caratterizzazione da tenere presente, ma anche la presentazione e cioè il modo in cui un dato personaggio viene introdotto.

Questa presentazione può essere offerta al lettore “in blocco” con il ritratto diretto o in maniera frammentaria con quello indiretto.

Vediamoli…

  • Ritratto diretto: l’autore si prende una pausa dall'azione e in essa inserisce una descrizione puntuale del personaggio, subito dopo o subito prima di averlo introdotto nella narrazione.
  • Ritratto indiretto: l’autore fornisce indizi in vario modo -come scritto sopra: descrizione, infiltrazione, dialogo e azione- e li dissemina lungo tutto il testo, creando una sorta di puzzle del personaggio che il lettore deve risolvere.



Volendo soffermarci sul concetto di presentazione del personaggio non possiamo esimerci dal descrivere brevemente il rapporto che esiste fra quest’ultima e il Punto di Vista -del quale parleremo approfonditamente in altre uscite della rubrica-; la presentazione può essere, infatti, “fornita” con quattro possibilità:

  1. Il personaggio può essere presentato dal narratore, seguendo il suo punto di vista
  2. Il personaggio può auto-presentarsi in prima persona o attraverso il pensiero, in forma di discorso indiretto libero
  3. Il personaggio può essere presentato da un altro personaggio che lo osserva dal proprio punto di vista.
  4. Il personaggio può essere presentato dialogicamente e in maniera diretta da uno o più personaggi.



Un’altra cosa da tenere conto quando si analizzano i personaggi -e dunque quando si creano- e che sebbene un bravo narratore cerchi di stare alla larga dalle caratterizzazione tipizzate, una cosa è evitare gli archetipi, un’altra è evitare i ruoli. 
Questi ultimi, che non vanno confusi con i tipi schematici, sono una parte molto importante e inevitabile dell’azione e della narrazione. 

Possiamo chiamare il personaggio principale protagonista, invece che eroe se non vogliamo essere troppo convenzionale, ma non possiamo certo scrivere una storia nella quale esso non esista.

Essendo il personaggio colui/colei che porta avanti l’azione esso aldilà della caratterizzazione sociale, psicologica, emotiva e fisica deve necessariamente avere un ruolo nella vicenda narrata.
All'interno della narrativa, i ruoli dei personaggi -così come le loro personalità- non sono necessariamente mono-caratteristici e ben delineata.

Nella vita uno non può essere sempre “l’eroe” o “il cattivo”, e questo vale anche nei libri.

Tuttavia, tanto per vaneggiare, si possono comunque individuare una serie di ruoli tipici della narrativa, sebbene essi siano meno specifici e più complessi di quelli presenti in altre forme letterarie, come ad esempio quelli inerenti la fiaba.

Ecco i ruoli:

  • Protagonista: il personaggio che si trova al centro dell’azione
  • Antagonista il personaggio che si contrappone al protagonista
  • Oggetto: la persona -o la cosa- desiderata/temuta che mette in moto l’azione
  • Aiutante: il personaggio che aiuta il protagonista
  • Avversario: il personaggio che pone ostacoli sul cammino del protagonista, “l’aiutante dell’antagonista”.



Nella creazione, così come nell'analisi, di un personaggio va tenuto presente che esso non si può cogliere nella sua completezza, non si può veramente comprendere, se non in relazione con gli altri personaggi presenti all'interno della narrazione, in particolare con quelli che hanno un ruolo specifico all'interno della fabula e che quindi “muovono” l’azione. 

I personaggi possono, dunque, essere interpretati come insiemi multipli: diadi, triadi o gruppi, chiamati “sistemi dei personaggi” e strutturati in maniera binaria, triangolare, quadrangolare, etc…


Che altro si può dire sui personaggi per farne comprendere l’importanza per il valore complessivo di una storia, se non la cosa più semplice di tutte: uno scrittore può essere bravo, bravissimo anche, e possedere un’idea per una trama eccezione, geniale persino, può avere capacità descrittive addirittura sublimi, ma se i suoi personaggi non sono vivi, se i suoi personaggi sono solo pezzi di carta a due dimensioni, anche la storia più interessante finirà con l’essere morta e non avrà nessun impatto sui lettori.



Alcuni link di approfondimento, per chi fosse interessato...




sabato 12 settembre 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina:7 "Fabula, Intreccio & Co."




“If one cannot enjoy reading a book over and over again, there is no use in reading it at all.”
― Oscar Wilde



 Fabula, Intreccio & Co.

Oggi parleremo di ciò che costituisce il cuore pulsante di ogni narrazione e cioè la storia e il modo in cui essa viene sviluppata.

Una domanda che mi sono sentita rivolgere molto spesso, parlando della struttura del romanzo, è quale sia la differenza fra fabula e intreccio o se essi non siano fondamentalmente due termini intercambiabili.

Comincio con il dire che se da un lato fabula e intreccio sono strettamente connessi, i due termini non sono sinonimi;  nonostante ciò, molti li usano erroneamente, abbinandoli ad una definizione generica che molto spesso coincide con il concetto di “trama” che in realtà si può applicare solo al termine “intreccio”.

Partiamo quindi con il dare una serie di semplici definizioni, giusto per fare un po’ di chiarezza.



  • Fabula= l’insieme degli eventi della storia considerati nella loro successione temporale e secondo un ordine causale (le cose come avvengono)



  • Intreccio= il modo, scelto dall'autore, di presentare e organizzare in racconto quegli stessi eventi (le cose come vengono raccontate; la trama, appunto).


Per quale ragione c’è bisogno di distinguere con tanta precisione questi aspetti?


La risposta più semplice a questa domanda è nonostante entrambi facciano riferimento alla stessa “trama” non sempre si sovrappongono.


Mi spiego meglio…


Non necessariamente il piano della fabula e quello dell’intreccio coincidono: lo scrittore può scegliere, per esempio, di fornire al lettore anticipazioni di scene future o di introdurre flashback per ricostruire avvenimenti cronologicamente anteriori, interrompendo la narrazione “dei fatti”. 

Per farvi un’idea di ciò a cui mi riferisco, vi basterà pensare al romanzo giallo classico, nel quale generalmente l’ordine logico-cronologico dei fatti non è quasi mai rispettato: solo alla fine la ricostruzione di un delitto fa luce sui fatti e sui moventi che l’hanno preceduto.

Se vogliamo proprio essere “formali”, quando parliamo di fabula e intreccio, dobbiamo anche parlare dei motivi che li compongono, questi motivi -aspetti della narrazione- possono essere legati o liberi.


  • Motivi legati= motivi che non possono essere omessi se si vuole far comprendere la trama al lettore




  • Motivi liberi= motivi che possono essere sorvolati o omessi del tutto, senza danno per l’integrità della connessione causale-temporale fra gli accadimenti.


Nella fabula sono importanti solo i “motivi legati”, mentre per l’intreccio acquistano rilievo i “motivi liberi”, come le digressioni, le ricostruzioni e le descrizioni di un ambiente, gli interventi del narratore negli eventi narrati, etc.

Ricapitolando, in un racconto può accadere che gli avvenimenti che costituiscono la trama non vengano narrati nell'ordine cronologico in cui sono accaduti; la scelta di questa tecnica narrativa può avere dietro vari motivi, il più comune è la necessità di sorprendere chi legge, evitando di cadere nella banalità e tenendo alta la tensione e l’attenzione.

Un esempio potrebbe essere il seguente (scusate la morbosità; deformazione professionale ;P):

Il narratore descrive una persona che agonizza in fondo ad una scala, si sofferma sulla descrizione delle sue ferite e sul suo stato d’animo, ma non ci spiega come sia finita lì e al prossimo passaggio riapre la narrazione mostrandoci quella stessa persona in perfetta salute e ben lontana dal ruzzolare giù da una scala, che ne so… magari è seduta su un aereo e beve un Daiquiri (qui chi descrive le scene userebbe la tecnica del “flash-forward”, mostrandoci un accadimento futuro per poi tornare indietro e mostrarci come siamo arrivati lì.
Allo stesso modo, chi scrive può invece trasportarci direttamente in ospedale e farci vedere che la persona si è ripresa dalla caduta ed è nel bel mezzo di una lunga e faticosa terapia per potersi riprendere (in questo caso la tecnica usata sarebbe quella del “flash-back” mediante la quale chi scrive ci offre la possibilità di dare una sbirciata su un evento passato, prima di collocare la narrazione nel presente).

In entrambi i casi, possiamo vedere che il lettore sarà “piacevolmente” confuso e interessato e non avrà la più pallida idea di come diavolo ci sia finita quella persona in fondo alle scale; sul piano formale possiamo vedere come fabula e intreccio esistano in due piani totalmente diversi, sebbene relativi alla stessa storia.
Dedichiamo giusto un momentino a farci un’idea un po’ precisa di alcune definizioni.


  • Flash-back= tecnica mediante la quale il narratore “recupera” eventi precedenti al “presente narrato”; esso può anche essere chiamato “racconto retrospettivo” o analessi (termine di derivazione greca che vuol dire ”ripresa”)
  • Flash-forward=  tecnica mediante la quale il narratore “trasporta” il lettore nel futuro, narrando un qualcosa che deve ancora accadere all'interno della narrazione; si può parlare in questo caso di “anticipazione” o “prolessi”. Queste anticipazioni possono talvolta essere davvero minime e quasi insignificanti che acquistano nuova importanza solo alla fine della storia; in questo caso si parla di foreshadowing (dall’inglese fore=prima e shadow=ombra).


Un flash-back generalmente conduce il lettore al cospetto di un fatto compiuto e quindi presuppone che il narratore abbia compiuto un'ellissi, è cioè che abbia deciso di non divulgare un evento già accaduto al livello della fabula per riservarsi di svelarlo in seguito al livello dell’intreccio.

Detto questo, bisogna precisare che se anche è vero che oramai intreccio e fabula non coincidono quasi mai, questo non è sempre stato vero: le forme narrative più semplici e antiche presentavano spesso una sovrapposizione perfetta fra intreccio e fabula. 


Tornando al presente…


A volte una narrazione è costituita da una combinazione di diversi filoni di azioni che possono essere collegati fra loro in vari modi, seguendo questa o quell'altra tecnica.

Ecco alcuni esempi di questi metodi di intreccio:


  • Concatenazione (procedimento a gradini): l’autore pone l’una accanto all'altra storie diverse legate da qualche aspetto narrativo o dalla presenza di uno stesso personaggio
  • Incastro: Inclusione di una storia all'interno di un’altra che le fa da cornice 
  • Alternanza: tecnica narrativa nella quale chi scrive racconta due storie contemporaneamente in maniera alternativa.


Se da una parte la fabula è molto importante per comprendere di cosa tratti un libro, l’intreccio è praticamente indispensabile per capire come e perché è stato scritto in quanto ci permette di comprendere a quali aspetti della narrazione un autore ha valuto dare maggiore rilievo, quali ha ritenuto di poter sorvolare e, soprattutto, ci dà la possibilità di capire la ragione di queste scelte e in un’ultima analisi ci dà modo di comprendere quale sia il fine del racconto e quali effetti lo scrittore si sia ripromesso di ottenere narrandolo in questo o quel modo.

Siamo quasi alla fine di questa vaneggiante uscita della rubrica, ma manca ancora qualcosa, abbiate pazienza.

Abbiamo parlato di vari aspetti della struttura di una narrazione, ma forse abbiamo tralasciato i più importanti e quelli che troppo spesso si danno per scontati: il tempo e lo spazio.

Quando parliamo di “tempo” in narrativa, dobbiamo necessariamente fare una distinzione quella fra “tempo della storia” e “tempo del racconto”, quest’ultimo è quello che costituisce lo “spazio” della narrazione.

Ma vediamo di essere un po’ più spiccioli e precisi…

L’ordine delle azioni è di fondamentale importanza per la costruzione di un testo narrativo, indipendentemente dal modo nel quale l’intreccio le presenta, quest’ordine logico-cronologico è quello del “tempo della storia” è cioè il periodo nel quale determinate azioni o altri aspetti della narrazione avvengono e il tempo che “coprono”.
 In parole povere, il “tempo della storia” è il tempo reale nel quale sono accaduti i fatti che comporranno la narrazione; ma un dato fatto può avere una lunghissima durata nella realtà ed essere riassunto in poche pagine o addirittura pochi paragrafi all'interno di un libro, mentre avvenimenti d poche ore o giorni possono occupare lo spazio di un’intera narrazione (si pensi alla serie televisiva 24); davanti ad un dato fatto l’autore deve necessariamente operare la scelta di come raccontarlo ed è qui che entra in gioco il “tempo del racconto” e cioè lo spazio (porzione di pagine) che chi scrive sceglie di assegnare a un dato fatto all'interno della narrazione.

Sul piano formale il “tempo della storia” è quello relativo alla fabula, mentre il “tempo del racconto” è quello che fa riferimento all'intreccio.

Il tempo del racconto riveste un ruolo molto importante in narrativa perché è quello che fornisce alla narrazione il suo ritmo, questo perché il fatto di dover raccontare una storia rende necessario il dover effettuare delle variazioni nella sua narrazione che di solito non procede in maniera costante, ma presenta accelerazioni (l’autore può farci saltare giorni o anni in poche righe) e rallentamenti (l’autore può dedicare diversi capitoli a poche ore) e momenti in cui l’azione si ferma del tutto (descrizioni degli ambienti).

Durante una narrazione avremo momenti narrativi precisi che descriveranno un preciso rapporto fra tempo della storia e tempo del racconto, eccoli:


  • Pausa= sul piano del “tempo del racconto” abbiamo la descrizione di un qualcosa che può prendere uno spazio indefinito, mentre sul piano delle azioni e quindi su quello del “tempo della storia” non accade nulla.
  • Narrazione rallentata= mentre nel “tempo della storia” il respiro di un personaggio richiede un millisecondo, nel “tempo del racconto” l’autore può usare pagine e pagine per descriverlo, così come fa quando analizza le emozioni e le sensazioni di un personaggio.
  • Dialogo=  durante le porzioni dialogiche del narrato, il “tempo del racconto” e  il “tempo della storia” si sovrappongono quasi alla perfezione: se all'interno della narrazione un dialogo è descritto in tutte le sue battute, possiamo ragionevolmente  presumere che in tempo reale esso richiederebbe più o meno la stessa quantità di tempo sia per essere letto che per essere messo in atto.
  • Elissi=  qualcosa che è avvenuto sul piano della storia viene completamente omesso dal racconto.
  • Sommario= narrazione riassuntiva di fatti accaduti in archi temporali piuttosto lunghi ai quali nel racconto viene dedicato uno spazio narrativo decisamente breve.


Appare “vaneggiantemente” ovvio che  esistono delle relazioni precise fra tempo della storia e tempo del racconto che ci fanno comprendere se e quando i due tempi si sovrappongono e in che percentuale ciò avviene.


Per chi fosse interessato, ecco alcuni link per approfondire:

https://it.wikipedia.org/wiki/24_(serie_televisiva)

https://it.wikipedia.org/wiki/Fabula

https://it.wikipedia.org/wiki/Trama_(narrativa)

Arrivano i Cartacei!!!

Salve a tutti, oggi un brevissimissimo post subito prima di lasciarvi con il settimo appuntamento della mia rubrica, giusto per farvi sapere che sono usciti in cartaceo, a prezzi convenientissimi:
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Rimanete per la rubrica e se vi va date anche un'occhiata alla pagina "Song of the Week" per gli update musicali della settimana...




sabato 5 settembre 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 6 "La Spina dorsale del Romanzo"





“I have always imagined that Paradise will be a kind of library.”  

― Jorge Luis Borges



                 
  La Spina dorsale del Romanzo



Oggi tratteremo un argomento un po’ più “tecnico” e cioè la sub-stratificazione della narrazione o -per dirla con parole più semplici- la struttura a livelli di un’opera di narrativa.


Qualsiasi testo narrativo -e in particolare il romanzo- presenta una costruzione che può essere facilmente scomposta in tre livelli: quello dell’azione, quello dei personaggi e quello del narratore.

Questa scomposizione non solo è utile dal punto di vista della lettura di un romanzo, in quanto ci permette di dividerlo in sequenze, ma secondo me può anche essere utile in fase creativa/correttiva.

La possibilità di dividere il testo in sub-sequenze ci consente, infatti, di seguire lo sviluppo dell’azione e individuare e comprendere i rapporti che esistono fra intreccio e fabula, fra tempo della storia e tempo del racconto, fra personaggi e azioni e ancora fra azioni in primo piano e azioni che si sviluppano nel background.



Ma andiamo con ordine…



Forse, è il caso di fornire una definizione specifica di sequenza narrativa:

 porzione di testo dotato di autonomia sintattica e di contenuto, nonostante la presenza di un rapporto costante con tutte le parti del romanzo. 


Le sequenze hanno un inizio e una fine ben definiti e la frazione di testo che contengono può essere riassunta con un titolo o una frase specifica.


In base al loro contenuto, possiamo distinguere 4 tipi di sequenza:


- Sequenza narrativa (contiene le azioni; lo sviluppo della storia)


-Sequenza descrittiva (contiene descrizioni di persone, oggetti, luoghi etc…)


-Sequenza dialogica (contiene i dialoghi fra i personaggi)


-Sequenza riflessiva (contiene considerazioni relative a quanto accade nel libro)


Quest’ultima sequenza può essere di due tipi:

Sequenza riflessiva diretta (esprime le riflessioni dei personaggi della storia)

Sequenza riflessiva indiretta (esprime le riflessioni dell’autore)



Le sequenze descrittive, dialogiche e riflessive vengono anche dette “statiche” in quanto non “muovono la storia in avanti” la “bloccano”; al contrario, quelle narrative possono essere considerate sequenze dinamiche, in quanto portano avanti l’azione e dunque la storia stessa.


Ciascuna sequenza, indipendentemente dal tipo, può a sua volta essere ridotta in micro-sequenze relative ai singoli aspetti che la compongono, così come più sequenze possono essere raggruppate insieme e andare a costituire una macro-sequenza che può essere formata da sequenze distinte ma appartenenti ad una stessa tipologia, o può essere composita e quindi presentare diverse tipologie sequenziali.


Le sequenze contenute in una macro-sequenza sono legate insieme da rapporti temporali e/o logici e fanno riferimento ad uno stesso tema.


È mia opinione che la divisione in sequenze possa rivelarsi molto utile per gli scrittori, in quanto ci permette di  scomporre la narrazione e concentrarci sui singoli aspetti che la compongono, tralasciando i dettagli secondari. 

Personalmente -”vaneggiantemente”- trovo che essa sia anche un ottimo strumento  in fase di editing, in quanto ci offre la possibilità di verificare l’integrità, la coerenza e la consistenza dell’azione, delle descrizioni e della natura dei personaggi, nonché di analizzare con cura lo sviluppo dell’intreccio, permettendoci di individuare facilmente le incongruenze nel testo, se presenti.


In conclusione della “puntata” di oggi ^_^, andiamo a soffermarci brevemente su un altro aspetto tecnico-strutturale della narrativa…



Ogni opera di narrativa, indipendentemente dalla tipologia (racconto, romanzo, novella…) e dal genere, presenta una struttura con degli elementi ricorrenti, una sorta di “spina dorsale narrativa” se vogliamo.

Questi elementi sono 6 e sono i seguenti:

Esposizione (presentazione dei personaggi, dell’ambientazione e della situazione iniziale che può essere differita, è quindi essere presentata dall'autore dopo l’esordio) 

Esordio (l’accadimento che mette in movimento la storia, cambiando la situazione d’apertura)

Mutamenti & Peripezie (quegli avvenimenti che modificano di volta in volta la situazione, spingendo il personaggio a compiere una data azione)

Conseguenze ( tutti quegli avvenimenti che fanno seguito ai mutamenti o a determinate azioni compiute dai personaggi e che portano all'aumento della tensione, del conflitto)

■      Climax (momento culminante della tensione narrativa)

Scioglimento (la risoluzione della tensione che comporta l’eliminazione di tutti i fattori di turbamento e la ricostituzione di un equilibrio, positivo o negativo).



Va precisato che questa “successione” non deve essere per forza fissa -alcuni autori apportano notevoli variazioni a questo schema- e che esistono testi nei quali lo scrittore volutamente elimina uno o più degli elementi soprastanti.
 Si pensi a quelle storie che non presentano alcuno scioglimento finale e lasciano la narrazione in sospeso tanto nei libri, quanto sul grande e piccolo schermo. 

Chi ha visto il finale/non finale dei Soprano, sa di cosa sto parlando :P



Per chi fosse interessato ad approfondire, ecco alcuni link:

http://vivalascuola.studenti.it/come-dividere-un-brano-in-sequenze-11963.html

http://blogs.youcanprint.it/struttura-narrativa-libro


Per chi non avesse visto la scena finale dei Soprano e volesse capire di che diavolo sto blaterando...

https://www.youtube.com/watch?v=IqpDxCo2vic