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sabato 28 novembre 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 16 "Lo straniamento, ma che diavolo è?!"




"Books are the quietest and most constant of friends; they are the most accessible and wisest of counselors, and the most patient of teachers.” 

Charles William Eliot

                 

  Lo Straniamento, ma che diavolo è?!



Come si intuisce dal titolo, oggi parleremo della “misteriosa” tecnica dello straniamento.
Ogni scrittore che si rispetti la conosce, ma molti quando la sentono nominare si straniscono -pun intended :)-, anche per i lettori lo straniamento non è esattamente uno sconosciuto, lo si incontra spesso, specialmente in ambito verista, se vogliamo restare in Italia, (si pensi alle opere di Verga), lo si trova anche nell’opera di Tolstoj, se vogliamo parlare di letteratura internazionale, e per finire, lo si studia anche a scuola.

Ricordo che quando lo spiegarono per la prima volta alla mia classe (credo fossimo in seconda liceo), la risposta generale (almeno di quelli fra di noi che non erano interessati alla scrittura) fu noia assoluta.

Ma in realtà, lo straniamento è una tecnica narrativa di tutto rispetto con una sua innegabile efficacia.


Ma vediamo in dettaglio di che tratta in questo appuntamento “estraniato” di questa vaneggiante rubrica…

Lo straniamento  è una tecnica stilistica che consiste nell'osservare la realtà da un punto di vista “strano”, “inconsueto” in modo che ciò che è vecchio e abituale risulti nuovo e insolito, ciò che viene considerato normale appaia strano (o viceversa ciò che potrebbe essere considerato strano, appaia normale) e riveli aspetti che solitamente non vengono percepiti da chi vive all'interno di quella realtà. 

Esso ha insomma lo scopo di liberare la percezione dall'automatismo.

Cerchiamo di essere più chiari…

Quando una cosa è stata percepita più volte, finisce semplicemente per essere riconosciuta come tale, ma non viene più vista per quello che effettivamente è; sta dinanzi a noi, noi sappiamo che esiste, ma non la vediamo più: essa è entrata a far parte dei nostri automatismi.
Uno dei mezzi di cui si serve la letteratura per far vedere le cose con occhi nuovi è appunto la tecnica dello straniamento. 

Essa viene usata dagli autori che intendono muovere una critica a certi aspetti della società, e invece di farlo in modo diretto, aperto, esplicito con un atteggiamento che potrebbe risultare moralistico, mettono a nudo tali aspetti semplicemente adottando il punto di vista di un personaggio “estraneo” a quel tipo di realtà e quindi capace di coglierne la “stranezza”.

Come detto sopra, Tolstoj usò spesso questa tecnica e arrivò addirittura a scrivere  un intero racconto, Cholstomer, seguendo il punto di vista di un cavallo.

L’effetto di straniamento può essere ottenuto con tecniche di vario genere.

Una è quella di descrivere le cose come se fossero viste per la prima volta, sempre molto frequente in Tolstoj.

Eccone un esempio tratto da “Guerra e Pace”, nel quale l’autore ci “mostra” uno spettacolo teatrale, assumendo il punto di vista di una giovane ingenua e del tutto estranea alle convenzioni e agli artifici del teatro e ai manierismi della società aristocratica che assiste allo spettacolo:

“Sul palcoscenico c’erano delle assi ben lisce al centro; ai lati c’erano dei cartoni dipinti che raffiguravano alberi; in fondo una tela era stesa su delle assi. Nel mezzo del palcoscenico sedevano delle ragazze in corsetti rossi e gonne bianche. Una, molto grossa, vestita tutta di seta bianca, sedeva a parte su una panchettina bassa a cui era stato appiccicato dietro un cartone marrone. Tutte queste ragazze cantavano qualcosa. Quando ebbero finito la canzone, la ragazza in bianco si avvicinò alla buca del suggeritore e a lei si avvicinò un uomo in calzoni di seta attillati alle grosse gambe, con una penna, con un pugnale, e si mise a cantare e a spalancare le braccia.”

Come si può notare, l’autore qui una lo straniamento in maniera “critica”: sotto lo sguardo ingenuo e proprio per questo “estraneo” di Nataša, oggetti, situazioni e personaggi rivelano la loro convenzionalità e appaiono per quello che veramente sono: le quinte sono solo cartoni dipinti, la prima donna è una donna molto grossa, il tenore canta enfaticamente spalancando le braccia…

La medesima tecnica può naturalmente essere utilizzata anche in chiave positiva, per fare emergere la bellezza e l’unicità di luoghi, cose, o persone che spesso guardiamo senza veramente vedere sebbene siano sempre sotto i nostri occhi.

Un altro meccanismo per ottenere l’effetto dello straniamento è quello di privare gli oggetti del loro contesto e donare risalto ad una specifica immagine, modificando in questo modo la maniera abituale di percepire le cose.

È questa la tecnica utilizzata da Swift quando osserva da una prospettiva ravvicinata i normalissimi oggetti che Gulliver ha in tasca o le bocche e i volti dei giganti di Brobdingnag:

“Con la regina pranzavano solo le due principessine, la maggiore di sedici anni e la più piccola di tredici e un mese. Sua Maestà mi metteva sul piatto un pezzetto di carne e io ne tagliavo una piccola porzione, ma il suo divertimento era proprio nel vedere che quel pranzo in miniatura, dal momento che lei (che pure era di stomaco delicato) in un solo boccone ingoiava quanto possono mangiare una dozzina di mietitori inglesi al pranzo della battitura, una vista che qualche volta non mancava di darmi il voltastomaco. Stritolava fra i denti un’ala d’allodola, ossa e tutto, sebbene nove volte più grossa d’un tacchino cresciuto, accompagnandola con un pezzo di pane più grande di un paio di pagnotte da dodici pence.”

Altre volte lo straniamento viene ottenuto descrivendo o definendo gli oggetti in modo da non facilitarne il riconoscimento: in questo caso lo scrittore, per indicare una certa realtà, sostituisce il termine consueto con una perifrasi che a prima vista rende l’oggetto irriconoscibile, ma a una lettura più attenta fa emergere le caratteristiche più autentiche. 

Lo fa Swift, maestro indiscusso della “ridefinizione” quando nel suo celebre romanzo, Gulliver si reca nel paese dei cavalli. 
Un soldato, per esempio e definito con la seguente perifrasi: un uomo pagato per uccidere a sangue freddo quanti più simili gli è possibile, o  viene chiamato  “yahoo”.

Non sempre però lo straniamento è ottenuto utilizzando l’ottica di un unico personaggio estraneo al mondo che lo circonda, a volte il procedimento viene capovolto. Lo fa Verga sia nelle sue novelle che nei suoi romanzi(La roba; Rosso Malpelo).

Lo scrittore assume il punto di vista di un’intera collettività che, a causa di un’ottica pregiudizievole e distorta, considera normale ciò che invece è strano, e strano ciò che dovrebbe essere normale. Come si evince, appunto, dalla novella Rosso Malpelo.

Per il narratore che narra seguendo il punto di vista degli operai della cava, la sopraffazione e la violenza nei confronti di Rosso sono “normali”; “strano” è invece l’attaccamento del ragazzo agli attrezzi del padre e la sua decisione di non venderli, rinunciando ad un innegabile guadagno.

Vediamo un piccolo stralcio:

"Nessuno badava al ragazzo che si graffiava la faccia ed urlava, come una bestia davvero.
- To'! - disse infine uno. - È Malpelo! Di dove è saltato fuori, adesso? 
- Se non fosse stato Malpelo non se la sarebbe passata liscia... -
  Malpelo non rispondeva nulla, non piangeva nemmeno, scavava colle unghie colà, nella rena, dentro la buca, sicché nessuno s'era accorto di lui; e quando si accostarono col lume, gli videro tal viso stravolto, e tali occhiacci invetrati, e la schiuma alla bocca da far paura; le unghie gli si erano strappate e gli pendevano dalle mani tutte in sangue. Poi quando vollero toglierlo di là fu un affar serio; non potendo più graffiare, mordeva come un cane arrabbiato, e dovettero afferrarlo pei capelli, per tirarlo via a viva forza."

La tecnica dello straniamento è ampiamente utilizzata anche nel genere fantastico, nel quale spesso capita che degli oggetti conosciuti e banali siano collocati in un contesto fuori-norma e diventino “strani”, “minacciosi”, dando l’impressione che la realtà consueta sia sul punto di distruggerti.


Come si può comprendere, lo straniamento permette all'autore di focalizzare indirettamente l’attenzione del lettore su determinati aspetti della narrazione che se non fossero “resi assurdi” potrebbe sfuggire alla sua comprensione o comunque non avere l’importanza che meritano ai suoi occhi.


Bibliografia: “Nuovo Quattro colori- Libro Giallo”, A. Mariotti/ M.C. Sclafani/ A. Stancanelli, Casa Editrice G. D’Anna, 2000.


Per approfondire:

https://it.wikipedia.org/wiki/Lev_Tolstoj

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_e_pace

https://it.wikipedia.org/wiki/Jonathan_Swift

https://it.wikipedia.org/wiki/I_viaggi_di_Gulliver

https://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Verga

https://it.wikipedia.org/wiki/Verismo













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