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sabato 7 novembre 2015

Vaneggiamenti di una Scribacchina: 14 "Let's talk about... POV




“You get a little moody sometimes but I think that's because you like to read. People that like to read are always a little fucked up.”
- Pat Conroy

                 

Let's talk about... POV


Oggi approfondiamo un po’ il discorso sul POV, vale a dire il Point of View, il Punto di Vista…

Quando ci accingiamo a scrivere una storia —o a leggerla, se è per questo— le prime domande che ci poniamo sono:

“Chi la racconterà?”

E…

“In che modo lo farà?”


A queste due domande possiamo dare un’iniziale risposta piuttosto precisa determinando il POV dal quale è narrata la storia.


 Mettiamo il lettore da parte per un momento e vestiamo unicamente i panni dello scrittore.
 Immaginiamo di essere in fase di outlining di un romanzo, in piedi sul bordo della nostra fantasia a guardare giù verso la storia che vogliamo raccontare, come stabiliamo il Punto di Vista che vogliamo utilizzare durante la narrazione?

Senza addentrarci troppo nell’enorme territorio di opinioni che esistono là fuori a questo proposito, possiamo molto semplicemente limitarci a tre possibilità molto basic:

1 Lo scrittore sceglie a priori il/i POV della sua storia, adeguandolo/li di volta in volta alle esigenze narrative.

2 Il germe stesso dell’idea alla base della storia “suggerisce” allo scrittore quale sarebbe il miglior modo per raccontarla e quindi quale potrebbe essere il POV più indicato.

3 Lo scrittore è “affezionato” ad una certa tipologia di POV e/o tecnica narrativa e adatta tutte le storie che gli vengono in mente ad essa.


Volendo essere buoni —o forse sarebbe meglio dire, buonisti— si potrebbe sostenere che ognuna delle tre possibilità sopraelencate abbia i propri meriti e i propri difetti e tutti e tre gli approcci siano perfettamente validi e intercambiabili; ma io non sono qui per essere buona. Sono qui per essere onesta, quindi ammetto apertamente di avere un’insormontabile antipatia verso l’ultima possibilità, perché la trovo troppo “statica” per i miei gusti.

Personalmente, durante la fase di outlining tendo di più verso la prima e la seconda possibilità; con questo voglio dire che cerco di determinare quale sia il miglior modo, il modo più efficace, per raccontare i fatti anche se alla fine la scelta più indicata è un qualcosa con la quale non mi sento a mio agio —magari perché è una tecnica che non ho mai usato prima o un POV che mi è completamente estraneo— e quando mi capita, invece, di  “vedermi suggerito” il POV direttamente in fase di inception mi fido dell’istinto e seguo la storia.


Quale che sia il vostro metodo preferito, in un’ultima analisi siete sempre voi —intendo gli scrittori— a determinare la scelta del POV.


Quindi torniamo alla prima domanda che ci siamo posti, ma formuliamola meglio:

“A chi faremo raccontare la storia?”

Dunque, quale personaggio possiede la “voce” che vogliamo ascoltare di più, quella più determinante per la storia?

Rispondere: “il personaggio principale, no?”, sarebbe troppo semplicistico anche se molte volte è vero.

Una volta individuato il personaggio chiave della narrazione, andiamo a determinare il tipo di focalizzazione e quindi il POV della storia.



Ma quanti tipi di POV esistono?

E dobbiamo usarne per forza uno solo all’interno di un romanzo?

Vediamo un po’…


Ecco uno schema dei vari tipi di POV che possiamo incontrare nella fiction:


  • Prima Persona singolare (estremamente popolare nei romanzi di oggi)
  • Seconda Persona (il suo utilizzo è piuttosto raro)
  • Terza Persona limitata(anche questo molto, molto usato nella narrativa moderna)
  • Terza Persona limitata multipla (anche questo molto usato)
  • Terza Persona (singola o multipla) con narratore onnisciente (abbastanza comune, direi…)
  • Prima Persona plurale (sì, a quanto pare c’è qualcuno che la usa in narrativa là fuori…)



Andiamo un po’ ad analizzare le  tipologie principali con qualche esempio e vediamo un po’, laddove presenti, i pregi e i difetti di ciascun POV.


PRIMA PERSONA

Nella narrazione in 1°P., l’intera azione è vista attraverso gli occhi del narratore (Io vidi questo… dissi quello… mi sentii così…)

Nelle storie in 1°P., il narratore ( che sovente è il protagonista stesso) può raccontare solo le scene nelle quali è presente (in un modo o in un altro). Di regola, non ci possono essere scene nelle quali si mescola 1° e 3° persona.

Ecco alcune cose da prendere in considerazione quando si utilizza la 1°P.:

- Lo stile di scrittura deve essere adeguato al personaggio o viceversa. Non si possono, ad esempio, scrivere descrizioni ultra-poetiche e complesse se il personaggio che narra è una bimba di cinque anni.

-Visto che le cose narrate devono essere necessariamente quelle alle quali il narratore ha assistito; all’interno di un libro in 1°P. non possiamo raccontare ciò che avviene quando il narratore non è presente, quindi dovremo necessariamente adattare la nostra trama per assecondare la necessità che il narratore sia presente alle scene chiave.

-Nonostante la difficoltà di dover adattare la trama alle “limitazioni della prima persona”, questa tecnica di POV ha il vantaggio di essere più “semplice” da gestire rispetto alle altre.



TERZA PERSONA SINGOLA

La narrazione dalla prospettiva in 3°P. (Lui pensò… lei disse…) offre una maggiore flessibilità nelle seguenti aree:

-Lo stile di scrittura non deve necessariamente rispecchiare il personaggio, sebbene ne segua il punto di vista. Ad esempio, anche se il nostro protagonista è una persona poco incline all’introspezione, usando la narrazione in 3°P. lo scrittore può comunque esplorare i suoi sentimenti e le sue idee approfonditamente se crede che la trama possa beneficiarne.

-All’interno di una narrazione in 3°P. singola, chi scrive mantiene un POV univoco per tutta la storia, ma è comunque possibile adottare in alcuni punti un POV secondario per descrivere un particolare plot twist importante nella narrazione, ma del quale il vostro personaggio principale non è a conoscenza (è preferibile farlo poco, però, perché la narrazione perde il suo focus in caso contrario).

TERZA PERSONA MULTIPLA

 Questa tecnica narrativa —come dice il nome—  mantiene l’uso della terza persona, ma non segue un unico personaggio per tutta la narrazione, mettendo in pratica quello che viene chiamato “head hopping” e cioè "salto di testa in testa".

In una narrazione di questo genere, sono presenti come minimo due POV alternati, ma possono esserci davvero moltissimi Punti di Vista.

-Una cosa da non dimenticare quando si scrive in 3°P. multipla è che il lettore guarda dove lo scrittore punta, ma questo non vuol dire che se una cosa è ovvia per lo scrittore lo sarà anche per chi legge; per questa ragione è bene evitare di confondere chi legge con multipli punti di vista all’interno di una sola scena. Anche qualora il lettore riesca a seguirvi, non vuol dire che apprezzi di essere “sballottato” di personaggio in personaggio ad ogni paragrafo. 

-Di norma, non si dovrebbe utilizzare in letteratura il POV di un personaggio non sviluppato. Che cosa può importare al lettore dei sentimenti o delle idee di un personaggio che non conosce e che magari all’interno della narrazione non rivedrà più o incontrerà solo di rado? Il problema qui nasce dal fatto che molti scrittori utilizzano tecniche di scrittura tipiche del cinema o della televisione in letteratura, ma non bisogna dimenticare che un romanzo non è un film.

-Con l’aumentare dei POV multipli, aumenta anche la frammentazione della narrazione, quindi quella della 3°P.multipla è una  tecnica da non prendere sotto gamba e di norma è bene non utilizzare più di 4 o 5 POV all’interno di un libro; ovviamente ci sono anche scrittori che riescono a gestire con assoluto aplomb anche una pletora di POV (si pensi ai lavori del compianto Tom Clancy), ma non tutti siamo a quel livello o comunque non tutti vogliamo scrivere qualcosa che risulterebbe straordinariamente complicato da leggere.


Approfondiamo un po’ la terza persona limitata…

Con questa terminologia indichiamo una tecnica narrativa nella quale la scrittura si riferisce a tutti i personaggi in terza persona. Ogni scena segue il POV di uno specifico personaggio.

Perché si chiama limitata?

Qual è il suo limite?

Il narratore può raccontarci solo cose che il personaggio vede, sente, pensa e sa…

Questa limitazione è anche la maggiore differenza che esiste con la narrazione in terza persona a narratore onnisciente, nella quale, benché lo scrittore segua un determinato POV all’interno della scena, può comunque “rivelare” a chi legge aspetti della storia o degli altri personaggi che esulano dalla comprensione del personaggio chiave,  e lo fa attraverso un invisibile narratore onnisciente, appunto.

Facciamo un piccolissimo esempio con una breve scena.


Terza Persona Limitata:

“Come puoi pensare questo di me, Barbie?”, Ken era consapevole di apparire disperato a quel punto. La loro storia ormai era finita, lo sapeva bene.
Barbie lo squadrò dalla testa ai piedi e per un attimo Ken pensò di poter leggere chiaramente il disprezzo nei suoi occhi.


Terza Persona con narratore onnisciente: 

“Come puoi pensare questo di me, Barbie?”, Ken era consapevole di apparire disperato a quel punto. La loro storia ormai era finita, lo sapeva bene.
Barbie lo squadrò dalla testa ai piedi e per un attimo non fu in grado di nascondere il disprezzo che provava per lui dal proprio sguardo.


***
Nella prima versione il lettore sa come si sente Ken e sa cosa lui pensa di leggere nello sguardo di Barbie, ma non è certo che Ken abbia ragione.

Nella seconda, il lettore sa per certo che Barbie disprezza Ken.

La differenza non è da poco.

Vediamo un altro esempio…



Narratore Limitato…

Ken non era sicuro di aver detto la cosa giusta. Il viso di Barbie era privo di espressione. “Mi dispiace tantissimo, tesoro!”,  lui si scusò di nuovo. 


Narratore Onnisciente…

Ken non era sicuro di aver detto la cosa giusta. Barbie pensò che era arrivato il momento di perdonarlo, ma forse tenerlo un altro po’ sulle spine sarebbe stato divertente. “Mi dispiace tantissimo, tesoro!”, lui si scusò di nuovo.


***


Una prima cosa che notiamo è che la scena con il narratore onnisciente ci fornisce molte più informazioni.

La seconda cosa da attenzionare è il fatto che nel rivelare queste informazioni a chi legge il ritmo narrativo perde la sua suspense, sappiamo subito cosa pensa e prova Barbie e non ci possiamo più identificare con l’insicurezza di Ken.

Tenuto conto di quanto sopra, sarebbe il caso di scegliere fra narrazione limitata e onnisciente facendo particolare attenzione al genere letterario della storia.

Giusto per fare due esempi: un giallo perderebbe di fascino e di mistero con il narratore onnisciente, mentre una commedia brillante mancherebbe di qualcosa senza di esso.

Un esercizio abbastanza utile (se lo dice anche Stephen King, deve essere utile per forza!) è quello di dare un’occhiata alla vostra libreria personale, prelevare casualmente  un certo numero di libri e studiare i vari POV usati dai romanzieri per narrare le diverse storie.

In generale, si possono fare alcune osservazioni relativamente alle due varianti principali.

La prima persona può certamente conferire al narrato un senso di intimità che manca agli altri POV, ma chi la sceglie, sacrifica necessariamente la possibilità di fare il tanto decantato “head hopping”,  nonché  la possibilità  di raccontare scene nelle quali il protagonista  è  assente e tutto ciò  dal mio punto di vista, pur favorendo l’identificazione fra personaggio e lettore può rendere la narrazione emotivamente e descrittivamente statica, almeno secondo la mia opinione. 

La terza persona (limitata o multipla che sia), a mio parere,  garantisce un ritmo narrativo più fluido e variabile e cala molto bene un lettore all’interno della storia, ma nasconde molte insidie; specie nel caso del POV multiplo. 
Un coro di tante voci può creare una cacofonia invece che una melodia armonica, se non stiamo attenti. Senza contare il fatto che tanti POV possono equivalere a tante possibilità in più di fare errori.

Provate a fare una ricerca sui gusti dei lettori in merito, troverete tante opinioni a favore della narrativa in Prima Persona, quante ne troverete in favore di quella in Terza e non c’è niente di strano in questo. 
Dopotutto ci sono un sacco di persone che quando fanno un lungo viaggio in macchina scelgono di ascoltare un CD di “Artisti Vari”, esattamente come esiste un numero altrettanto alto di gente che preferisce ascoltare per molte ore CD di un solo musicista, no?!

Io appartengono un  po’ a tutte e due le categorie, sia come ascoltatrice di musica che come lettrice e scrittrice.

Non esiste una regola principe quando parliamo di POV se non la seguente, credo:

Quando si scrive una storia -parlo di fiction in particolare- bisogna scegliere a priori il Punto di Vista da adottare e usarlo coerentemente, esercitando un totale controllo su di esso.


Lo scrittore direziona lo sguardo di chi legge, perciò è compito suo permettere al lettore di ricevere informazioni che arrivino da una fonte chiaramente identificabile e quindi da un POV univoco e consistente se non all’interno dell’intero romanzo (sarebbe impossibile nel caso del POV multiplo), per lo meno all’interno di ciascuna scena che lo compone.

Vista la “facilità” con la quale è possibile 
determinare un dato POV si potrebbe pensare che usare un POV senza commettere errori sia altrettanto semplice. Si potrebbe pensare… e si sarebbe in errore.

Con il Punto di Vista non si scherza, ne vale della credibilità dei personaggi e con essa della credibilità stessa della storia narrata.
Un POV mal gestito strappa il lettore dal racconto e blocca la sua sospensione dell’incredulità, facendogli immediatamente percepire di stare leggendo qualcosa di fittizio e noi questo non lo vogliamo, giusto?!

Gravi errori nell’uso del POV possono essere handicap così pesanti per la storia da poter costringere lo scrittore a doverla riscrivere da cima a fondo…

A parte “la regola” sopradescritta, va tenuta a mente un’altra cosa:

Nella narrazione di una storia, quando si adotta un certo POV bisogna far sì che esso sia sempre coerente con il personaggio che rappresenta. 

Immaginatevi di staer raccontando una storia che ha come protagonista una ragazzina di dodici anni e di stare usando il suo punto di vista alla terza persona, ma senza narratore onnisciente. È plausibile che la giovanissima protagonista abbia le stesse conoscenze di astrofisica di uno scienziato della NASA?

Direi di no…


Quindi?


1 Create un POV coerente e non cambiatelo in maniera confusionaria all’interno di una singola scena senza avvertire chi legge.

2 Tenete a mente chi è il personaggio il cui punto di vista state usando e create una certa uniformità fra chi è lui/lei e cosa pensa/cosa vede etc…

3 Laddove possibile, adattate la tipologia del POV al genere della storia che state raccontando.

4 Un modo carino -e soprattutto chiaro- di indicare il cambio del punto di vista all’interno di una scena può essere lasciare uno spazio bianco; allo stesso modo, un cambio di POV all’interno di un capitolo può essere indicato con un chiaro segno, ad esempio questo: ***

5 Se state narrando una scena dal POV di Ken non inserite in essa informazioni relative a cose che solo Barbie conosce.

6 Allo stesso modo se  in una scena con Ken e Barbie avete deciso di adottare il POV di Ken, non potete fornire al lettore informazioni sullo stato d’animo o sui pensieri di Barbie a meno che esse non arrivino da Ken stesso che le ha dedotte dal tono della voce, dalle espressioni facciali o dai manierismi di Barbie. 



Per approfondire…

 http://www.advancedfictionwriting.com/blog/2014/04/30/head-hopping-fiction-writing/

https://en.wikipedia.org/wiki/Tom_Clancy

https://en.wikipedia.org/wiki/Narration

https://it.wikipedia.org/wiki/Focalizzazione_(narratologia)

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